venerdì 9 marzo 2018

Il fascismo - appunti della III B



Dopo la fine della guerra (’15-’18) l’Italia si ritrovò con molti problemi:

  •  I reduci spesso erano disoccupati e molti erano gli invalidi;
  • I prezzi delle merci salivano a causa dell’inflazione;
  • Il Sud era ancora molto arretrato;

  • Molti nazionalisti erano insoddisfatti della “vittoria mutilata”.



Nel 1919 scoppiò la cosiddetta “questione fiumana”, nata quando D’Annunzio occupò la città di Fiume con i suoi “legionari”, rifiutandosi di assegnarla al nuovo Stato della Jugoslavia.

Il problema fu risolto da Giovanni Giolitti, che firmò il Trattato di Rapallo e costrinse D’Annunzio a ritirarsi.


In Italia gli anni ‘19-’20 prendono il nome di “Biennio rosso” perché furono caratterizzati da continui scioperi e proteste dei lavoratori, i quali ottennero molte conquiste.

A un certo punto nel 1920 i proprietari delle fabbriche decisero di fare la “serrata”, cioè la chiusure delle fabbriche, e in risposta gli operai (organizzati nella CGIL) decisero di occupare con le armi le fabbriche e gestirle in modo autonomo.

L’occupazione delle fabbriche fu risolta da Giolitti, il quale evitò di usare la forza e convinse le parti a trovare un accordo, ma rimase forte in Italia la paura di una rivoluzione.



L’anno successivo (1921) nacque da una scissione del Partito socialista il Partito comunista italiano, fondato da Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, con lo scopo di fare in Italia una rivoluzione sul modello di quella russa.



Il Biennio rosso fu segnato non solo dalle proteste degli operai, ma anche dalle lotte dei contadini (i braccianti), organizzati nelle “leghe”, sia quelle rosse (comuniste), sia quelle bianche (cattoliche). Grazie agli scioperi i braccianti riuscirono a ottenere importanti vittorie a danno dei proprietari terrieri (gli agrari).

  
Questa situazione spingerà gli agrari a chiedere l’intervento di un “uomo forte” che risolvesse loro il problema delle lotte contadine.



Nel 1919 Benito Mussolini, un ex socialista diventato nazionalista, fondò un’organizzazione paramilitare, i “fasci di combattimento”, che riuniva persone del ceto medio insoddisfatte della “vittoria mutilata” e impaurite dal pericolo di una rivoluzione sovietica in Italia. Essi reclutarono soprattutto ex combattenti, in particolare nei reparti d’assalto.


I “fascisti” formarono delle squadre d’azione con il compito di reprimere gli scioperi e le proteste degli operai e dei contadini, e furono sostenuti e finanziati in particolare dai proprietari terrieri (agrari).


I fascisti organizzavano negli anni ’20 e ’21 delle “spedizioni punitive”, con le quali assaltavano le organizzazioni sindacali e politiche  degli operai e dei contadini, distruggendo le sedi, picchiando le persone e talvolta uccidendo chi si opponeva.


I fascisti ebbero successo nel contrastare il movimento operaio e contadino grazie al fatto che le forze di polizia e la magistratura non intervenivano contro di loro, ma sempre contro operai e contadini.



Il successo dei fascisti spinse Mussolini a tentare nel 1922 un colpo di stato, approfittando  dello sciopero generale della CGIL nell’estate di quell’anno. Mussolini organizzò  una marcia su Roma di tutti i fascisti nell’ottobre 1922.
 
Circa 30000 fascisti affluirono su Roma e riuscirono ad entrare in città grazie all’appoggio del re Vittorio Emanuele III, il quale affidò a Mussolini l’incarico di formare il governo.

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